giovedì 24 febbraio 2011

Ha 150 anni, ma non li dimostra

giovedi 24 febbraio 2011- Politically correct

Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II veniva proclamato re d’Italia. Il 26 ottobre 1860, con lo storico incontro di Teano, Garibaldi consegnava a Vittorio Emanuele II i territori da lui liberati. Subito dopo, per mezzo di plebisciti, anche le Marche e l’Umbria furono annesse al regno sabaudo. L’unificazione nazionale era fatta, anche se il Lazio rimaneva territorio papale e il Veneto ancora in mano austriaca.
Sarà perchè fin dalle elementari, e ne sono passati di anni, mi hanno inculcato l’idea del patriottismo, con l’inno di Mameli imparato a memoria e cantato in ogni dove si ritenesse opportuno, l’idea di essere italiano è ancora vissuta come vanto di appartenere a un popolo con qualchecosainpiù rispetto agli altri. E’ vero, tante sono state le delusioni in questo arco di sessant’anni vissuti, ma ci sono sempre stati momenti di orgoglio e confronto, per farmi dire: l’Italia è un paese meraviglioso e sono fiero di essere italiano.
E se, voluto tenacemente dal Capo dello Stato, il 17 marzo è stato dichiarato giorno di festa nazionale, ne dovremmo, tutti, essere contenti.
Senza il Risorgimento saremmo rimasti un’espressione geografica, un’accozzaglia di staterelli fuori dalla competizione internazionale e inoltre, per farla completa, negli ultimi venti anni, la classe dirigente politica non è stata capace di inculcare alcuna etica civile a sostegno dell'unità.
Siamo tutti figli del benessere con il denaro come unico riferimento, pieni di rancori e di aggressività verso gli altri, anche se fratelli.
Ecco perchè tutti hanno fatto di tutto per rovinare l’idea della festa: la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia tirando in ballo la perdita di “preziose ore di lavoro”; la Lega con la scusa che “la festa non ha copertura finanziaria”; il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, in nome di una “pretesa minoranza austriaca”.
Tante occasioni perse per stare zitti.
valter niselli

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